Nisida

Nisida

sabato 19 novembre 2005

POMERIGGIO KAFKIANO


Oggi ero in ospedale per vedere un dottore che conosco. Mi aveva detto di attenderlo fuori alla sala operatoria del reparto. Come capita di sovente i tempi in sala operatoria slittano e il medico tardava ad uscire.
E allora curiosavo in giro, come mio solito.
Il reparto è nuovo e pulito ma come capita da noi, la bolgia è di default. Pile di scatoloni di rifiuti speciali aspettavano che li portassero via, carrelli spinti dal personale facevano un discreto traffico.
Diverse persone erano sedute e attendevano notizie dei congiunti in sala operatoria. I genitori di un ragazzo ancora “sotto ‘e fierre” cercavano un po’ di consolazione e così mi hanno raccontato l’incidente del figlio con tutti i particolari di cronaca.
Mentre li rassicuravo all’improvviso si aprono le porte dell’altro complesso operatorio e ne esce una signora sorridente alquanto attempata appoggiata ad un bastone e a noi che la fissavamo allucinati fa: scusate, a ro’ sta’ l’ortopedia? Nonostante le domande che le abbiamo fatto non siamo riusciti a capire come ci era finita nel blocco operatorio né da dove fosse entrata.

E sempre nello stesso ospedale c’è un vecchio amico (80 anni) operato d’urgenza al colon, l’ho saputo proprio oggi e sono passata a trovarlo.
Ha chiacchierato per due ore, mi ha raccontato tutto quello che gli è accaduto e aveva una luce negli occhi, felice di avercela fatta ma soprattutto felice che avevo trovato il tempo per vederlo.
Non avrei mai pensato che un così piccolo gesto avesse tanta importanza per una persona.
Piccole cose senza prezzo.

15 commenti:

  1. e ci mancano quelli che vogliono entrare fuori orario, quelli che al pronto soccorso litigano con i medici, quelli che portano il mangiare ai propri parenti ricoverati, quelli che vanno in visita in 36 .... e mi fermo

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  2. Dal punto di vista sanitario potrei istigarti a proseguire il post regalandoti tanti spunti ospedalieri di normale follia... però, dal punto di vista di chi soffre e sta male in un letto d'ospedale, la sensibilità che si dimostra loro va oltre ogni singola parola.

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  3. beh sai quando uno sta male basta un sorriso di una persona amica e ci si sente meglio... fa bene vedere le persone in queste situazioni :)

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  4. Io mi ricorderò sempre quando mia zia per colpa di un'impennata del suo "Waldestrom" - da un medico svedese che scoprì che nel sangue alcune proteine potevano incazzarsi e papparsi i famosi globuli bianchi manco se fossero state Pacman - fu ricoverata d'urgenza all'Istituto dei Tumori.
    Non del tutto altruisticamente lo ricordo, visto che la mia tenuta agli eventi fu tale da meritarmi la mia stessa guarigione da episodi ansiosi piuttosto gravi.
    Fatto sta che fuori dalla sua stanza c'era un capannello di malati ematologici ritenuti comunemente e forse non del tutto a torto più gravi (non bastava loro la pulizia del sangue, tecnica usata pure dai cocainomani del resto, perché avevano forme di leucemia molto gravi) che si preparavano il the e sembravano le vecchie signore, tutti lì a scongiurare insieme la morte o a farsela passare con i riti che l'istituto concedeva - assieme all'Ave Maria "sparata" ogni 7.30 del mattino a palla.
    Con gli infermieri che anche durante il tempo in cui zia Paola era in prognosi riservata, se io me ne uscivo con metafore tipo "alberi tagliati" invitavano me a tagliarla corta, per il rispetto al resto che accadeva lì dentro.
    Un cuore piccolo - grande, virtualmente enorme, personalmente non so perché per fortuna non ci son passata,
    a tutti gli ammalati: sono esperienze indimenticabili quelle che ci offrono, indipendentemente dall'esito dei malanni e da tutto!
    Carolina

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  5. per la sensazione di straniamento che ho provato, rochentèn. La vecchia signora pareva Mary Poppins, giuro. E in quel contesto poi.....

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  6. Carolina, anche io ho avuto un'esperienza simile all'Istituto dei Tumori a Napoli pero'. Ma gli scenari sono quasi gli stessi, mi sa, Avemarie comprese e prete che prega e predica attraverso gli altoparlanti.

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  7. Lo so, RIEN.
    Mi ricordo pure della suora che veniva a benedire personalmente. Naturalmente lì uno era un malato, e a nessuno importava minimamente se fosse ateo (come mia zia) o di altra fede.
    Fatto sta che a momenti lasciavo il cuore a vedere come la gente anche indipendentemente da quello "si organizzava".
    Una cosa indimenticabile per me - fosse pure perché ormai di zie ne ho solo due, una delle quali Rita, di per sé un'ottima persona e lo dico sinceramente, per mere questioni che sarebbero di per sé attinenti ai fatti dei miei (divorzio) parteggia nei fatti per mio padre, solo senza farlo presente a mia madre, ma prendendosela con i loro figli, me e mio fratello. Cosa per la quale potrei togliere la parola a chiunque, non m'importa se parente, basta almeno che servisse a farlo/a smettere.
    Solo zia Paola con una grandissima riservatezza, ma anche umanità dovuta a se stessa e pure allo "imprinting" del nonno, mi è almeno virtualmente vicina.
    Zia Marisa mi/ci fu infatti tolta dal cancro, e se vuoi pure dalle stronzate dell'Istituto dei Tumori di qui.
    A parte le tangenti per essere operate in tempo, un flagello di farmaci terribili "sperimentati" anche su di lei, con tanto di dottore ammalatosi e morto prima di lei sempre di cancro ai polmoni che alla richiesta dei suoi collaboratori di usargli le stesse sue "terapie sperimentali" aveva risposto candidamente che... preferiva il cancro.
    E con l'altra, indimenticata, bellissima zia Paola, stavolta moglie di mio zio materno, uccisa da un tumore al cervello in soli due anni, e che era lei che mi consolava, dicendo che per lei almeno, se non il Paradiso, c'era la possibilità di confidare segreti. :-)
    Carolina

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  8. eppure io la faccenda della religione non la capisco. Ci preoccupiamo di togliere i crocifissi per non offendere le altre religioni e poi imponiamo a tutti queste pseudopratiche religiose, tipo quella che ho raccontato su padre Antonio al Monaldi.
    Secondo me questo è un grande segno di inciviltà.
    Per non parlare poi del mio amico, quello morto al Pascale, che sebbene non credente, è stato assillato fino alla fine da tutta una serie di preghiere e preghierine, mentre lui mi diceva con aria birichina che se ci fosse stato un aldilà mi avrebbe avvisata per tempo.
    Inutile dire che sto ancora aspettando un segno.

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  9. a proposito di crocifissi, avevo dimenticato questo: ieri in una delle stanze in ospedale c'era una croce appesa al muro senza piu' il Cristo. Era rimasto solo il segno dei chiodi. Sinceramente non ho capito che è successo, forse Cristo se n'è sceso dalla croce e si è messo in salvo.
    Sempre della serie pomeriggio kafkiano.

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  10. Hanno condannato a più di un anno di galera Luigi Tosti, magistrato de L'Aquila reo di non voler lavorare, e in seguito essere giudicato, per forza con un Crocifisso in aula.
    OK che aveva raggiunto livelli d'incazzatura a dir poco da asociale, ma che Stato di merda è?
    Carolina

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  11. Ah certo, e sempre in ambito ospedaliero figurati. Nemmeno se hai solo avuto l'appendicite o la tonsillite per loro dovresti anche solo girare con abiti civili. No, il pigiama, le avemarie e l'aria sempre grata. A tutti.
    Però secondo me tout se tient, purtroppo, e dipende molto pure dal resto, politica in primis.
    Carolina

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  12. Fa piacere che finalmente qualcuno usi l'aggettivo "kafkiano" per descrivere momenti di gioia. Anche se forse non lo intendevi così, la vera situazione kafkiana è quella in cui parli con l'ottantenne operato, consoli i genitori del ragazzino. L'umanità in un contesto burocratico è la vera luce kafkiana (molto più di Beckett, ad esempio). Kafkiana non è l'oscurità, ma la "luce che abbaglia, di fronte alla quale il viso si ritrae" (Diari).

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  13. NCP, il senso che ho dato al post è quello di una strana convivenza tra momenti positivi e negativi, quasi un buio/luce che coesistono. E' evidente che colpisce maggiormente la luce in così tanto buio.

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