Nisida

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martedì 28 settembre 2010

IL CORPO DELLE DONNE

In queste ultime settimane la cronaca parla spesso di neonati morti dopo il parto, di medici che fanno a botte perchè dissentono sulle decisioni dell'altro collega di voltarla a cesareo.
A questo si aggiunge la notizia di circolari ministeriali che invitano i primari ospedalieri a ridurre drasticamente il numero di cesarei, di cui la nostra regione è capofila (si parla del 62%, ma non so se sia credibile).
Spesso sono le donne stesse a chiederlo, o perchè preoccupate per la salute del nascituro o perchè sono distrutte da un lunghissimo travaglio. E altrettanto spesso le donne arrivano al parto senza alcuna preparazione e il panico è alquanto frequente.
Quando ero in attesa di mio figlio ho fatto un corso di preparazione al parto e credo sia stato utilissimo. Lo tenevano un medico ostetrico, una psicologa reichiana e una fisioterapista.
Si parlava, si faceva ginnastica e ci spiegavano come dovevamo affrontare questa esperienza, forse la più importante nella vita di una donna.
Ricordo in particolare una discussione che riguardava le varie tecniche (allora andava molto il parto pilotato).
E ci spiegarono che spesso dal parto pilotato si arrivava al cesareo perchè era considerato molto comodo, particolarmente dai medici. Si stabiliva una data, e anche senza dolori, ti appendevano un flacone di ossitocina ed aveva inizio il travaglio.
Vuoi mettere dover correre last minute in ospedale o in clinica per assistere la propria paziente?
Insomma, l'alto numero di cesarei in cliniche e ospedali è stato un problema da sempre, è la tendenza ad assimilare lo stato gravidico ad una malattia e prevedere quindi anche l'uso del bisturi come routine.
Il governo che sta tagliuzzando dappertutto (e tra poco il welfare ce lo giocheremo tutto) è andato a fare i conti anche su questo.
Viene da considerare che le donne continuano ad essere espropriate di ogni decisione che riguarda la loro vita e quella del bambino. I medici ritengono di essere gli unici a dover decidere, anche se in caso di errore di valutazione, al creatore ci vanno la donna e/o il suo bambino.
I casi che si sono verificati ultimamente lo dimostrano.

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