Nisida

Nisida

giovedì 27 ottobre 2011

MA NON C'ERA LA CRISI?



Son due giorni che non si capisce niente. 



Ieri un nubifragio epocale, e si sa, mica ce lo potevamo risparmiare. Son finita sotto l'ombrellone del pescivendolo a ripararmi, salendo sul trespolo che lo reggeva perchè di sotto scorreva il fiume. E a fianco c'erano l'olivaro e il fruttarolo nelle medesime condizioni, a reggere i loro ombrelloni, che la tregenda se li portava via.
Inutile aggiungere che di bus manco l'ombra, che ancora non l'ho capito dove scappano quando piove. Le paline erano desolatamente vuote.
Oggi invece, dopo aver speso un bel po' del mio tempo a cercare invano un bus, sulla palina è apparsa la scritta: disservizi su tutta la linea. E facimmecèlle 'a ppere. 
Al ritorno a casa, accesa la tv, ho scoperto che a Fuorigrotta è successo un casino indiavolato a causa di settemila deficienti (chiamarli tifosi è troppo decisamente) che dovevano comprare il biglietto per la trasferta  a Monaco.
A questo si è aggiunto lo sciopero improvviso dell'ANM, totale a quanto pare. Gli autisti al tg3 erano incazzati neri, altro che indignati, pare che i soldi per gli stipendi non ci sono. E questo fa pensare che anche nei prossimi giorni ce la faremo a piedi.

Ma ho scoperto che a Roma non stanno messi meglio.
Da stamattina GRA, Roma nord e tangenziale sono rimasti paralizzati per l'apertura di un nuovo megastore a Ponte Milvio.
Annunciati sconti favolosi nei giorni precedenti, ottomila stronzi si sono messi in fila trascorrendovi anche la notte e trasformando il corso Francia in un megaparcheggio. Roba da fare invidia agli Apple Store.
E così Alèmanno ha dovuto sguinzagliare tutti i vigili di Roma Capitale, chiudi qua e apri là per sbloccare l'immane casino. Che dopo l'alluvione ci voleva proprio una robina così.
Ma la barzelletta migliore l'ha raccontata il Codacons: ha chiesto a Trony, il megastore, di risarcire i cittadini rimasti bloccati a causa loro. E come? Ma logico: dando loro un buono da 100 euro da spendere nel medesimo megastore. Capito?
Uè Codacons, ma ci sei o ci fai?

 

venerdì 21 ottobre 2011

giovedì 20 ottobre 2011

SI ROMA TENESSE LU MARE ....

Ci si potrebbero fare le regate dell'America's Cup.

tuscolana


La Tuscolana in barca a vela



Roma


In canotto al Circo Massimo



Foro romano


Foro Romano come il Tempio di Serapide a Pozzuoli.


(alcune immagini dal web del nubifragio di questa mattina a Roma)

martedì 18 ottobre 2011

ARRESTATO IL RAGAZZO DELL'ESTINTORE

Sono pentito ma non sono un black bloc, volevo solo spegnere le fiamme.












e noi gli crediamo, vero?

domenica 16 ottobre 2011

IL 15 OTTOBRE E I MEDIA

UN SABATO ITALIANO

Inebetita davanti alla tv con le immagini che scorrono sulla mia retina.
Alcune sono rimaste impresse:

un camion con gli idranti che innaffiava pacifici dimostranti lungo la strada e una voce che gridava: che cazzo c'entriamo noi!!!!!

una donna che gridava e piangeva. Vi sembro una ricca io? Le avevano appena bruciato la macchina.

una statua della Madonna gettata sulla strada e sfracellata.

il viso insanguinato di una ragazza ferita.

fumo, colonne di fumo che si levano alte nel tramonto e sagome di elicotteri contro il cielo. Immagini da Vietnam e Apocalipse Now.

i cosiddetti black bloc che avevano tirato in mezzo alla strada i cassonetti per bloccare i poliziotti. Una quindicina di ragazzi sono arrivati ed hanno rimesso a posto i cassonetti.

E prima, molto prima, ragazzi con gli striscioni che cantano, mamme con il passeggino, il carro del teatro Valle e un'aria di serena manifestazione di chi ha scelto di esserci.

E dopo, sapere che da domani non sarà più possibile. Chi avrà il coraggio di scendere a manifestare portando con sè un bambino? Siamo e saremo sempre meno liberi.

Qui una esauriente fotocronaca della giornata.


giovedì 13 ottobre 2011

ANDERGROUND

Roma - Stazione Tiburtina
Foto di Sergio Fortini
Consulenza linguistica GnazzioLaRussa


Ai chent biliv it !!!


Ovviamente, dopo le risate omeriche dei passeggeri, ci hanno messo su una pezza.




mercoledì 12 ottobre 2011

LE CONSEGUENZE DELLA MOVIDA

Piazza Vanvitelli, una pachina con fioriera senza piante e fiori, utilizzata come megacestino della spazzatura dal popolo della notte vomerese.
A pochi passi una pizzetteria ed una gelateria.
Ma a pochi passi c'è anche un cestino, vuoto.
Che si aspetta, che il Sindaco faccia un'ordinanza che disciplini la raccolta a cura dei ristoratori?


domenica 9 ottobre 2011

DOMENICA A ZONZO

Ars Nova Napoli: Musica e danza nella Ztl vomerese. 

RIFLETTENDOCI

Se Jobs fosse nato in provincia di Napoli (di Antonio Menna)

Steve Jobs è cresciuto a Mountain View, nella contea di Santa Clara, in California. Qui, con il suo amico Steve Wozniak, fonda la Apple Computer, il primo aprile del 1976. Per finanziarsi, Jobs vende il suo pulmino Volkswagen, e Wozniak la propria calcolatrice. La prima sede della nuova società fu il garage dei genitori: qui lavorarono al loro primo computer, l’Apple I. Ne vendono qualcuno, sulla carta, solo sulla base dell’idea, ai membri dell’Homebrew Computer Club. Con l’impegno d’acquisto, ottengono credito dai fornitori e assemblano i computer, che consegnano in tempo. Successivamente portano l’idea ad un industriale, Mike Markkula, che versa, senza garanzie, nelle casse della società la somma di 250.000 dollari, ottenendo in cambio un terzo di Apple. Con quei soldi Jobs e Wozniak lanciano il prodotto. Le vendite toccano il milione di dollari. Quattro anni dopo, la Apple si quota in Borsa.

Mettiamo che Steve Jobs sia nato in provincia di Napoli. Si chiama Stefano Lavori. Non va all’università, è uno smanettone. Ha un amico che si chiama Stefano Vozzini. Sono due appassionati di tecnologia, qualcuno li chiama ricchioni perchè stanno sempre insieme. I due hanno una idea. Un computer innovativo. Ma non hanno i soldi per comprare i pezzi e assemblarlo. Si mettono nel garage e pensano a come fare. Stefano Lavori dice: proviamo a venderli senza averli ancora prodotti. Con quegli ordini compriamo i pezzi.

Mettono un annuncio, attaccano i volantini, cercano acquirenti. Nessuno si fa vivo. Bussano alle imprese: “volete sperimentare un nuovo computer?”. Qualcuno è interessato: “portamelo, ti pago a novanta giorni”. “Veramente non ce l’abbiamo ancora, avremmo bisogno di un vostro ordine scritto”. Gli fanno un ordine su carta non intestata. Non si può mai sapere. Con quell’ordine, i due vanno a comprare i pezzi, voglio darli come garanzia per avere credito. I negozianti li buttano fuori. “Senza soldi non si cantano messe”. Che fare? Vendiamoci il motorino. Con quei soldi riescono ad assemblare il primo computer, fanno una sola consegna, guadagnano qualcosa. Ne fanno un altro. La cosa sembra andare.

Ma per decollare ci vuole un capitale maggiore. “Chiediamo un prestito”. Vanno in banca. “Mandatemi i vostri genitori, non facciamo credito a chi non ha niente”, gli dice il direttore della filiale. I due tornano nel garage. Come fare? Mentre ci pensano bussano alla porta. Sono i vigili urbani. “Ci hanno detto che qui state facendo un’attività commerciale. Possiamo vedere i documenti?”. “Che documenti? Stiamo solo sperimentando”. “Ci risulta che avete venduto dei computer”.

I vigili sono stati chiamati da un negozio che sta di fronte. I ragazzi non hanno documenti, il garage non è a norma, non c’è impianto elettrico salvavita, non ci sono bagni, l’attività non ha partita Iva. Il verbale è salato. Ma se tirano fuori qualche soldo di mazzetta, si appara tutto. Gli danno il primo guadagno e apparano.

Ma il giorno dopo arriva la Finanza. Devono apparare pure la Finanza. E poi l’ispettorato del Lavoro. E l’ufficio Igiene. Il gruzzolo iniziale è volato via. Se ne sono andati i primi guadagni. Intanto l’idea sta lì. I primi acquirenti chiamano entusiasti, il computer va alla grande. Bisogna farne altri, a qualunque costo. Ma dove prendere i soldi?

Ci sono i fondi europei, gli incentivi all’autoimpresa. C’è un commercialista a Napoli che sa fare benissimo queste pratiche. “State a posto, avete una idea bellissima. Sicuro possiamo avere un finanziamento a fondo perduto almeno di 100mila euro”. I due ragazzi pensano che è fatta. “Ma i soldi vi arrivano a rendicontazione, dovete prima sostenere le spese. Attrezzate il laboratorio, partire con le attività, e poi avrete i rimborsi. E comunque solo per fare la domanda dobbiamo aprire la partita Iva, registrare lo statuto dal notaio, aprire le posizioni previdenziali, aprire una pratica dal fiscalista, i libri contabili da vidimare, un conto corrente bancario, che a voi non aprono, lo dovete intestare a un vostro genitore. Mettetelo in società con voi. Poi qualcosa per la pratica, il mio onorario. E poi ci vuole qualcosa di soldi per oliare il meccanismo alla regione. C’è un amico a cui dobbiamo fare un regalo sennò il finanziamento ve lo scordate”. “Ma noi questi soldi non ce li abbiamo”. “Nemmeno qualcosa per la pratica? E dove vi avviate?”.

I due ragazzi decidono di chiedere aiuto ai genitori. Vendono l’altro motorino, una collezione di fumetti. Mettono insieme qualcosa. Fanno i documenti, hanno partita iva, posizione Inps, libri contabili, conto corrente bancario. Sono una società. Hanno costi fissi. Il commercialista da pagare. La sede sociale è nel garage, non è a norma, se arrivano di nuovo i vigili, o la finanza, o l’Inps, o l’ispettorato del lavoro, o l’ufficio tecnico del Comune, o i vigili sanitari, sono altri soldi. Evitano di mettere l’insegna fuori della porta per non dare nell’occhio. All’interno del garage lavorano duro: assemblano i computer con pezzi di fortuna, un po’ comprati usati un po’ a credito. Fanno dieci computer nuovi, riescono a venderli. La cosa sembra poter andare.

Ma un giorno bussano al garage. E’ la camorra. Sappiamo che state guadagnando, dovete fare un regalo ai ragazzi che stanno in galera. “Come sarebbe?”. “Pagate, è meglio per voi”.

Se pagano, finiscono i soldi e chiudono. Se non pagano, gli fanno saltare in aria il garage. Se vanno alla polizia e li denunciano, se ne devono solo andare perchè hanno finito di campare. Se non li denunciano e scoprono la cosa, vanno in galera pure loro.

Pagano. Ma non hanno più i soldi per continuare le attività. Il finanziamento dalla Regione non arriva, i libri contabili costano, bisogna versare l’Iva, pagare le tasse su quello che hanno venduto, il commercialista preme, i pezzi sono finiti, assemblare computer in questo modo diventa impossibile, il padre di Stefano Lavori lo prende da parte e gli dice “guagliò, libera questo garage, ci fittiamo i posti auto, che è meglio”.

I due ragazzi si guardano e decidono di chiudere il loro sogno nel cassetto. Diventano garagisti.

La Apple in provincia di Napoli non sarebbe nata, perchè saremo pure affamati e folli, ma se nasci nel posto sbagliato rimani con la fame e la pazzia, e niente più.

giovedì 6 ottobre 2011

‎"Stay Hungry, Stay Foolish"



Repubblica.it
UN BEL TACER NON FU MAI SCRITTO


"Non mi sento di criminalizzare chi, in un momento di crisi come questo viola la legge assicurando, però, lavoro. Sarebbe un paradosso se i titolari della maglieria che si trovava nel palazzo crollato, dopo avere perso una figlia e il lavoro, venissero anche denunciati".

Questo è il commento del sindaco di Barletta dopo il crollo della palazzina che è costato la vita a 4 operaie.

Non farò della facile ipocrisia, dalle parti del Vesuvio ce ne sono tante di Barletta. Realtà dove più lavori e meno guadagni, dove la gente e le donne in special modo, sono quasi legate a catena alla macchina da cucire.
Ma viene da fare una triste considerazione. Un parente del proprietario della fabbrica dice che avevano regolare partita IVA e che i vigili addetti ai controlli non hanno mai avuto nulla da ridire sull'attività.
Forse gli stessi vigili non hanno trovato nulla da ridire neppure sul cantiere dove stavano buttando giù e ricostruendo, accanto alla palazzina venuta giù. 
E così il cerchio si chiude, in una realtà dove abusivismo, sommerso e connivenze si intrecciano strettamente, seppellendo delle persone che cercavano di sopravvivere a 4 euro l'ora.
Persone che hanno avuto la disgrazia di morire nello stesso giorno in cui è uscita la sentenza di Perugia, che ha occupato tutte le prime pagine dei giornali, relegando le altre in coda. 
Pure a morire ci vuole la ciorta, diceva la buonanima di mio nonno.

martedì 4 ottobre 2011


STRANE COSE

Capita che in alcuni periodi nulla voglia più funzionare. Parlo di informatica, la mia croce. E spesso non trovo spiegazioni.
E' cominciata con il macBook su cui sono caduta. Lui se l'è cavata, io no. Evvabbè, sia lode a Jobs.
Dopo qualche settimana è spirato prematuramente il mio desktop, regolarmente assemblato qualche anno fa dal figlio e regolarmente passato a me dopo che ne ha fabbricato uno nuovissimo, velocissimo e tutti gli issimo previsti dagli addetti ai lavori. 
La diagnosi l'ho fatta da sola, è andato fuori uso il Raid che metteva in parallelo due hard disk. Poichè dalla minacciosa schermata (Raid FAILED, in rosso) si evidenziava che vedeva fisicamente uno solo dei due HD, ho capito che uno dei due era defunto e che ha trascinato con sè tutti i dati scritti su entrambi. Ora è li che giace, in attesa del ritorno del figlio, che nel frattempo ha confermato a distanza la diagnosi.
E non finisce qui. 
Preoccupata della sorte delle mie foto,  ho cercato di fare un duplicato su un HD esterno di quelle che avevo scaricato sul Mac, compreso quelle che ho fatto in Turchia.
Risultato: nulla di fatto.
Ho scoperto così che gli HD formattati in NTFS e in FAT32 non sono compatibili con i Mac, li legge ma non vi scrive sopra. Pare che Microsoft che detiene il formato proprietario non renda pubblici gli standard, per cui la Apple riconosce solo chiavette e HD formattati in FAT (la prima versione), con il risultato che poi non si possono trasferire file superiori a 4 Gb. 
Tutto questo però l'ho scoperto dopo svariate ore di impazzimento, convinta che si era scassato pure il Mac. 
Ho chiesto aiuto a vari forum e così sono venuta a capo del mistero.
Stasera poi ho tentato di installare una stampante DELL sul Mac, ma non c'è stato niente da fare, la riconosce ma la schifa. Dà un messaggio in cui segnala che non esistono driver per collegarla, neanche in rete.
Ora posso anche capire Microsoft e la sua guerra ai Mac, ma la Dell produce stampanti, che interesse ha a non distribuire i driver per la connessione a qualsivoglia computer?
E' così astruso chiedere degli standard che vadano bene per tutti i sistemi operativi? 
Perchè anche con Linux ci sono altri problemi: le chiavette per la connessione Internet non funzionano, qualsivoglia gestore si scelga.


ULTIMISSIME:
A proposito di Linux, ho provato a collegare tutte le chiavette e gli HD esterni al vecchio netbook Linux. Funzionano tutti, ma proprio tutti, di qualsiasi Fat o NTFS sono fatti, in lettura e in scrittura.
Un sentito vaffanculo alla Apple, che non è capace di superare il problema.

 

lunedì 3 ottobre 2011

MEDICINA DEL PASSATO

Visitando il bazar egiziano a Istanbul, quello delle spezie, c'è tutto un settore dedicato agli animali ed ai loro mangimi. Tra le tante curiosità c'era un grosso vaso e guardandolo bene ho visto che conteneva delle sanguisughe. C'era anche un cartello che ne illustrava l'uso sul viso di una ragazza. Avevo pensato a qualche inusuale trattamento di bellezza, che dopo il botulino ormai possiamo immaginare di tutto.
Confesso che ogni volta che mi trovavo lì giravo al largo, tanto è lo schifo che mi suscitano le cosiddette mignatte.
Ricordo che molti anni fa venivano usate come cura per la pressione alta e le applicavano i barbieri.
E invece qualche giorno fa leggo sul Corriere che le sanguisughe sono state utilizzate all'ospedale di Malmoe per la ricostruzione del viso di una donna sfigurata dal proprio cane, durante un intervento, per prevenire la stagnazione del sangue.
E sembra che anche in Italia vengano utilizzate nel campo della chirurgia plastica. Va a sapè.


E forse un giorno scoprirò che anche questa specie di cetrioli colorati, chiamati "melone amaro", messi in infusione nei barattoli e venduti per curare malattie gastriche, vengono usati per curare l'ulcera.


sabato 1 ottobre 2011


ISTANBUL - 1

Ma la parte più interessante del viaggio doveva ancora venire: quattro giorni a Istanbul (che sono stati davvero pochini).




Raggiungiamo l’aeroporto di Bodrum Milas che si trova a circa 60 km dal villaggio, con un autista che parla solo turco e nel dubbio non parla proprio. Riesce però ad essere davvero gentile facendosi consegnare il voucher di imbarco e ci scodella esattamente davanti allo sportello della Turkish Airlines.
Qui i controlli sono davvero molto severi, tanto che mi aprono il bagaglio a mano perché avevano intravisto all’rx una confezione di pile. Non scappa neanche la forbicina che avevo in borsa, ho dovuto consegnarla ma me l’hanno restituita dopo averne misurato le punte. Pareva brutto non farmi la perquisizione corporea e pure questa è stata fatta. Il marito se l'è cavata.
Arrivati a Istanbul siamo riusciti persino a scovare l’autista che doveva portarci in albergo, 12 Km dall’aeroporto Ataturk.
Siamo partiti e abbiamo percorso una bellissima strada a quattro corsie, la Kennedy Caddesi che è in pratica il lungomare di Istanbul lato europeo. Dopo, l’autista si è infilato per vichi e vicarielli facendomi perdere il senso di orientamento e si è fermato davanti all’albergo che però non era il nostro: Antis Hotel e non Antik Hotel.
Ricarica le valigie, dice no problem e riparte per vichi e vicarielli, raccontando in uno stentato inglese un po’ di fatti suoi e chiedendomi dei miei, mostrando attrazioni turistiche e consigliando di visitarle. Il tutto inframezzato da insulti a quelli che si fermavano davanti, un traffico della madonna e persino un camion della monnezza che svuotava i contenitori, piazzato al centro strada come nella nostra tradizione.
Inutile dire che ha capito subito che eravamo italiani e precisamente napoletani.
E a me sta cosa fa incazzare un casino. Italiani? dicono, e subito dopo: Napoli?
Insomma il primo impatto è stato molto familiare, il secondo ancora di più.
Mollate le valigie in camera dove la chiave era un badge che serviva per accendere anche le luci e il condizionatore, ci siamo avviati lungo la strada principale e siamo stati subito aggrediti da venditori ambulanti di profumi, giacche finto Nike e da un esercito di camerieri assai molesti che vantavano i pranzi dei loro ristoranti.  Sbirciando nelle traverse abbiamo visto di tutto. Si vendevano scarpe, vestiti e ogni possibile suppellettile tanto che sembrava di passare per la Duchesca ante De Magistris. Alcune traverse poi erano interamente occupate dai tavoli dei ristoranti, alcuni solo pesce, dove frotte di gatti attendevano pazientemente che i clienti allungassero loro qualche boccone.