Nisida

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venerdì 28 dicembre 2012

I botti di Capodanno

Come ogni anno ci prepariamo alle solite sparatorie, alle bombe che portano i nomi dei calciatori ed alla sequela di feriti che ogni capodanno accompagna i festeggiamenti.
La polizia ed i medici, come ogni anno, fanno conferenze e dimostrazioni nelle scuole, accompagnati dagli artificieri che spiegano il funzionamento di queste armi micidiali.
E come ogni anno, tutti se ne infischieranno e spareranno allegramente, finendo in ospedale dove amputeranno arti e dita scoppiate. I bambini soprattutto, sono quelli che subiranno le peggiori ferite.
Ho visto delle foto postate da medici, una in particolare mi ha fatto rabbrividire. Un bambino a cui lo stesso medico aveva amputato un braccio, l'anno successivo ha avuto le 5 dita portate via all'altro braccio.
Questo vuol dire che non si impara nulla, nemmeno dal proprio dolore e da quello dei propri cari.
Molti anni fa, eravamo molto giovani, al mattino del capodanno soccorremmo un ragazzino e lo portammo in ospedale con la mano spappolata. Raccoglieva i botti inesplosi, li metteva assieme in un barattolo e lo faceva saltare. E questa è una cosa che accade ancora.
A Napoli è molto apprezzato l'uso dei fuochi d'artificio e nessuno si preoccupa di come siano stati fabbricati e in quali termini di sicurezza questa gente lavori. Spesso la polizia trova vere e proprie santabarbare sotto i condomini o nei garage o addirittura nei cofani delle auto, ma per quanti sequestri si possano fare, altrettanto materiale rispunta fuori.
Nel viale dove abitavo da ragazza si facevano le gare a chi sparava più a lungo e in modo più spettacolare. La zona era abitata da medici, giudici, deputati e tutti sparavano allegramente. Un anno un razzo finì per sbaglio nella cassetta dei fuochi facendo saltare tutto, compreso il serbatoio dell'acqua dell'impianto di riscaldamento. Dopo un po' stavano tutti con i piedi a mollo.
Ma la cosa più orrenda me la raccontarono al Cardarelli, dove medici ed infermieri si accingevano ad aprire la macelleria. Mancavano ormai poche ore e loro preparavano i tavoli con pinze e tronchesi, per amputare dita e gettarle nei secchi. A fine nottata quei recipienti erano pieni.
Un solo anno ci furono zero feriti. Nel 1980, l'anno del terremoto, il prefetto vietò i fuochi con un'ordinanza, istituendo la denuncia penale per tutti quelli che si ferivano con i botti.
Scaduta l'ordinanza, si tornò allegramente a morire e a rovinarsi per tutta la vita.

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