Nisida

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martedì 18 agosto 2015

Lo spiegone di Marco


Quanti di noi, leggendo le scritte sui muri, ci siamo chiesti invano cosa volesse dire l'anonimo/a e cosa gli passasse per la testa al momento?
Ora c'è chi ci spiega accuratamente ogni graffito. Un genio!

foto di Marco Bonfiglio.


Deggio un'approfondita analisi del testo al Maestro Daniele Bazzani che me ne ha fatta esplicita richiesta.
Venendomi in ausilio (Piero) con una delle più belle perle delle scritte murali urbane di tutti i tempi, il Poeta qui vi porta un esempio supremo del significato a più livelli, che nell'epoca dei social network potremmo definire 'meta-tag'. 
Dunque, a' più questa scritta appare come un'esplicita richiesta di compartecipazione fisica della Musa, alla quale viene richiesta una focosa prestazione sessuale in cambio di (eventuale) motivazione lirica al termine della copula. 
Non sfugge la vena minimalista del Poeta, che se da un lato viene a far cadere in un solo colpo di pennarello un'intera corrente romantica, prevalentemente teutonica, dall'altro aderisce allo stile di un prestigioso novero di autori che comprende anche nomi quali Raymond Carver e Chuck Palahniuk, per non dire di leggende del calibro (12, precisamente) di Ernest Hemingway. 
Ma, ed è qui che il Poeta vi fa capire il significato variegato di Arte, a pochissimi è chiaro il vero significato recondito della poesia. 
'Scopami' non è da riferirsi a pratica sessuale diretta e probabilmente di grande intensità & scarsa durata, ma si interpreta nel quadro della figura retorica più prelibata: quella della figura di significato (o tropi, a seconda di come li vogliamo considerare) che riguarda il cambiamento del significato delle parole. 
Ecco quindi che 'Scopami' è molto più liricamente un riferimento alla pratica dello spazzare il pavimento. E quindi il Poeta dice: 'Scopami, spazza le macchie dalla mia anima, ripulisci il pavimento del mio sentimento da tutte le sozzerie della vita quotidiana'. Non solo. 'Poi ti spiego' non è un All-In da gioco di azzardo, che prefigura l'incasso di una cambiale senza nessuna garanzia di pagamento, ma ci viene in soccorso direttamente la Treccani riguardo al verbo 'spiegare': 'Svolgere, distendere ciò che era ripiegato o avviluppato, in modo che l’intera superficie risulti aperta e distesa' (cfr. anche 'spiegare le lenzuola al sole', 'spiegare le ali'). 
Dunque il Poeta è qui mutuale, e vuole dire: 'Tu prima spazza la mia anima dello sporco accumulato, e poi io aprirò al mondo la tua anima fino a questo momento avviluppata'. In un contesto ermetico che prende spunto dalle opere di Ungaretti (come l'arguto Luca Pisanu aveva saggiamente fatto notare in sede di pre-analisi), ecco quindi un intero paradigma sentimentale, ridotto magistralmente in una duplice interazione che si svolge tra il pavimento della cucina e lo stendino dei panni.

(Marco Bonfiglio, da Facebook)

martedì 11 agosto 2015

E' gghiuta 'a zoccola dint' o rraù

che in lingua napoletana vuol dire che si deve buttare tutto e ricominciare.

Un noto libraio, Eddy Colonnese, aprendo la saracinesca del suo negozio in via S. Pietro a Maiella, trova un grosso topo morto sulla soglia e si attiva perché venga rimosso, visto che la zona era piena di turisti, era domenica e molti stavano già a scattare foto al cadavere.
Riepilogo quanto accaduto in seguito con una nota di Pietro Treccagnoli:

Una zoccola non è sempre una puttana




Premetto che le giornate e il  dibattito sulla zoccola morta sono stati molto divertenti e mi hanno fatto molta compagnia in questo agosto in attesa della trubbéa refrigerante. Il patapata di chiacchiere abbacanti è stato comunque istruttivo.

Ma andiamo per punti.

1.   Un libraio (Edgar Colonnese) fa un post in cui racconta che all’imbocco del Decumano maggiore di Napoli (area turistica assai) da ore c’è un topo morto e che sta chiamando a destra e a manca per sollecitarne la rimozione, ma invano. Tutti giocano allo scaricazoccola. Non compete a me, neanche a me, tòglitelo da solo. In una città che ambisce a diventare una capitale del turismo lo scaricabarile e la persistenza della carogna (non la banalissima morte del topo, povera bestia) è una notizia? Certo, perché mostra un nervo scoperto della disorganizzazione tra le istituzioni e i servizi (di qualsiasi colore e competenze siano). Una zoccola è pur sempre una zoccola, e tale resta, ma se riesce a mandare a puttane la nervatura di chi invece di inveire contro chi denuncia dovrebbe telefonare agli addetti distratti (o in agitazione o in stravaccamento domenicale) è roba che ha dignità giornalistica, trattata con leggerezza, ovvio, ma pure con la serietà che la leggerezza impone.

2.   Ebbene, dopo che la polemica (tutta in chiaro su Facebook, nessuno è andato a cercarsi la zoccola, né tantomeno è andato a mettergli il pepe nel culo), dopo che la polemica finisce in un articolo più ironico che retorico, tra l’altro collocato a fogliettone (chi mastica un po’ di giornalismo sa che significa, chi non lo sa s’informi, basta Wikipedia, la Bibbia dei nuovi pensatori), si scatena la tempesta virtuale. Apriti cielo, si scannano i guardiani della rivoluzione arancione e i detrattori del sindaco. Fanno a gara a trasformare la zoccola in un caso politico. Qualcuno un po’ in sordina lancia l’idea del boicottaggio contro il libraio che “sputtana Napoli” (ignorando che non sempre una zoccola è una puttana, dipende dal numero degli arti inferiori), suscitando un vespaio di indignate reazioni che evocano i roghi dei libri dei nazisti. Esagerati, tutti. Ma tutta ‘sta caciara diventa una notizia ancora più succosa. Non ci si può scandalizzare che la politica sia andata a puttane. Addirittura, persone che hanno alti incarichi nelle istituzioni locali specificano che la zoccola non è del Comune, ma della Regione, perché sarebbe dovuta intervenire l’Asl e non l’azienda municipale per lo smaltimento rifiuti. Una zoccola non è un rifiuto indifferenziato, perché una zoccola fa pur sempre la differenza.

3.   Ne viene fuori il livello molto basso, al di sotto delle saittelle che ospitano normalmente i roditori metropolitani, del bene comune della nostra politica. Il corollario sono le indignate e spocchiose lezioni di giornalismo di personaggetti (per dirla con Crozza-De Luca), adusi a vestire panni da sopracciò,  dei quali stiamo ancora aspettando di leggere le grandi inchieste, i favolosi reportage da Damasco (ma anche da Volla, siamo di bocca buona) o una breve di nera scritta decentemente.

Una zoccola val bene una messa, una messa in ridicolo del nostro generino politico-culturale. Purtroppo la zoccola non si chiamava Giulietta, così si era tutti d’accordo ad azzannare il molesto Salvini.

L'orrore ..... l'orrore!




L’immagine ritrae il vice ammiraglio della marina statunitense William H. P. Blandy, sua moglie e il retroammiraglio Frank J. Lowry. L’occasione per cui fu realizzata la torta fu una festa organizzata il 6 novembre 1946 per celebrare la conclusione dell’operazione Crossroads, diretta da Blandy. L’operazione Crossroads consistette in due test atomici realizzati dagli Stati Uniti nell’atollo di Bikini nel Pacifico nell’estate del 1946. Si trattò delle prime esplosioni nucleari avvenute dopo l’esplosione della bomba a Nagasaki nell’agosto 1945.

giovedì 6 agosto 2015

La meglio gioventù

Stamattina nel solito autobus 532, privo di aria condizionata e con un bel numero di finestrini bloccati, tornavamo a casa fuori uso per il caldo, in piedi.
Un paio di fermate dopo è salita un'anziana signora con evidenti difficoltà deambulatorie che con grande difficoltà si è avvicinata al primo sedile ed ha chiesto educatamente alla ragazza poco più che ventenne se la faceva sedere.
La fanciulla ha fatto finta di niente, neanche ha risposto. La signora ha ripetuto la richiesta e la giovane allora le ha indicato un altro posto in fondo al bus, di quelli rialzati.
A questo punto la D.M. ha detto alla ragazza di tirarsi su e di andare lei a sedersi là dietro, visto che l'uso delle gambe ce l'aveva ancora. Ha capito e si è alzata rosicando.
La vigliacchetta però quando ci ha visti scendere si è lanciata in una catilinaria rivolta a noi e ad un'altra signora che si era permessa di dare ragione a noi. Fortuna che la D.M. non l'ha sentita, sarebbe stato capace di risalire sul bus e fare come è solito fare: prendere per il collo il soggetto, collega, apri un poco la porta, e buttarla giù. Già fatto altre volte.
La signora che è scesa assieme a noi diceva: eh questi giovani, tutti così maleducati e strafottenti!
No signora, per fortuna non è così, ne vedo tanti che si alzano spontaneamente e che aiutano persino gli anziani. Per fortuna.

sabato 1 agosto 2015

Amori giusti e sbagliati


Tante storie d'amore finiscono. Il tempo cura tutto e lascia posto a relazioni nuove. Ci sono alcuni amori, però, che non si esauriscono mai completamente: gli amori giusti nati al momento sbagliato.

"Non passa un giorno in cui questa persona non rientri nei tuoi pensieri e il tuo cuore non si senta pesante. Di solito è perché la relazione non si è davvero conclusa. Ma tu non puoi dirtelo e non puoi crederci perché, se lo facessi, impazziresti".

A raccontarli, sul giornale online dedicato ai Millennials "Elite daily", l'attrice, scrittrice e filmmaker Lauren Skirvin.

La sua è una riflessione sentita e commovente sulla forza di un sentimento che il tempo mette da parte ma il cuore non lascia mai andare davvero.

Se il tempo è il problema, l'unica soluzione è nel tempo stesso. Perché, dice ancora Skirvin, "ci si incontrerà una seconda volta". Per forza, come nei film. Nel frattempo, sarà solo una sfiancante attesa, un purgatorio di malinconia e distrazioni.

Mammamia!